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F. Pessoa – Se qualcuno un giorno bussa

Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi alla porta irreale del cielo.

Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.

FERNANDO PESSOA – POESIE INEDITE [Traduzione di Pietro Civitareale]


Should somebody one day knock at your door
Announcing he’s an emissary of mine,
Never believe him, nor that it is I;
For to knock does not go with my vainglory,
Even at the unreal door of the sky.

But should you, naturally and without hearing
Anyone knock, come to your door, unbar it
And find somebody waiting (it appears)
To dare to knock, give it some thought. It was
My emissary and I and the retinue of my glorying
In what drives to despair and what despairs.
Unbar to who does not knock at your door!

FERNANDO PESSOA – UNRELISED POEMS [This is just a translation attempt]

F. Pessoa – Il ragazzo che ride nella via

Il ragazzo che ride nella via
la musica che il caso ci porta
il quadro assurdo, la statua nuda
la bontà che non ha posto –

tutto ciò oltrepassa il rigore
che la ragione riconosce a tutto,
ed ha qualcosa dell’amore,
quantunque l’amore sia muto.

FERNANDO PESSOA – POESIE INEDITE [Traduzione di Pietro Civitareale]


The boy laughing in the street
the music coming by chance,
the absurd painting, the naked statue
the goodness with no space

all this go beyond the rigor
that reason acknowledges to everything
and it has something of love,
although love is mute.

FERNANDO PESSOA – UNRELISED POEMS [This is just a translation attempt]

P. Salinas – XXI

Che allegria, vivere
e sentirsi vissuto.
Arrendersi
alla grande certezza oscuramente,
che un altro essere, fuori di me,
molto lontano,
mi sta vivendo.
Che quando gli specchi, le spie,
mercurio, anime brevi, confermano
che sono qui, io, immobile,
serrati gli occhi e le labbra,
chiuso all’amore
della luce, del fiore e dei nomi,
la verità transvisibile è che cammino
senza i miei passi, con altri,
là lontano, e lì
sto baciando fiori, luci, parlo.
Che esiste un altro essere
con cui io guardo il mondo
perché sta amandomi con i suoi occhi.
Che esiste un’altra voce con cui io dico cose
non sospettate dal mio gran silenzio;
ed è che anche con la voce mi ama.
La vita – cha slancio ora! -, ignoranza
degli atti miei, che lei compie,
in cui lei vive, duplice, sua e mia.
E quando mi parlerà
di un cielo scuro, di un paesaggio bianco,
ricorderò
stelle che non ho visto, che lei guardava,
e neve che nevicava nel suo cielo.
Con la strana delizia di ricordare
di aver toccato ciò che non toccai
se non con quelle mani
che non raggiungono le mie, distanti.
E spogliato di sé potrà il mio corpo
riposare, tranquillo, morto ormai.
Morire nell’alta certezza
che la mia vita non era solo
la mia vita: era la nostra.
E che un altro essere mi vive
di là dalla non morte.

PEDRO SALINAS – LA VOCE A TE DOVUTA [A cura di Emma Scoles]


Qué alegria, vivir
sintiéndose vivido.
Rendirse
a la gran certidumbre, oscuramente,
de que orto ser, fuera de mì, muy lejos,
me està viviendo.
Que cuando los espejos, los espias,
azogues, almas cortas, aseguran
que estoy aquì, yo, immòvil,
con los ojos cerrados y los labios,
negàndome al amor
de la luz, de la flor y de los nombres,
la verdad trasvisible es que camino
sin mis pasos, con otros,
allà lejos, y allì
estoy besando flores, luces, hablo.
Que hay otro ser por el que miro el mundo
porque me està queriendo con sus ojos.
Que hay otra voz con la que digo cosas
no sospechadas por mi gran silencio;
y es que también me quiere con su voz.
La vida – qué trasporte ya! -, ignorancia
de lo que son mis actos, que ella hace,
en que ella vive, doble, suya y mìa.
Y cuando ella me hable
de un cielo oscuro, de un paisaje blanco,
recordaré
estrellas que no vi, que ella miraba,
y nieve que nevaba allà en su cielo.
Con la extrana delicia de acordarse
de haber tocado lo que no toquè
sino con esas manos que no alcanzo
a corger con las mìas, tan distances.
Y todo enajenando podrà el cuerpo
descansar, quieto, muerto ya. Morirse
en la alta confidenza
de que este vivir mìo no era solo
mi vivir: era el nuestro. Y que me vive
otro ser por detràs de la no muerte.

PEDRO SALINAS – MY VOICE BECAUSE OF YOU

P. Salinas – XXXIX

Il modo tuo d’amare
è lasciare che io ti ami.
Il sì con cui ti abbandoni
è il silenzio. I tuoi baci
sono offrirmi le labbra
perché io le baci.
Mai parole o abbracci
mi diranno che esistevi
e mi hai amato: mai.
Me lo dicono fogli bianchi,
mappe, telefoni, presagi;
tu, no.
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d’amarti solo io.

PEDRO SALINAS – LA VOCE A TE DOVUTA [A cura di Emma Scoles]


The form of your loving
is to let me love you.
The yes with which you yield to me
is silence. Your kisses
are an offering of lips
so I can kiss them.
Never words or arms
will tell me you existed,
that you loved me: never.
Blank pages tell me
maps, auguries, telephones;
not you.
I hug you
not asking you, out of fear
it may be untrue
that you live and want me.
I hug you
without looking and touching you.
Let there be no revelation
with questions or caressing
the immense solitude
of me alone loving you.

PEDRO SALINAS – MY VOICE BECAUSE OF YOU [Translated by Willis Barnstone]

C. Campo – Moriremo lontani, 1955

Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un’altra migrazione.

Dell’anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi…

O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:

“nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta”.

CRISTINA CAMPO – PASSO D’ADDIO [Da La Tigre]


We’ll die apart. It’ll be much
if I rest my cheek in our palm
for New Year’s; if in my own
you will trace another migration

We know very little
of the soul. Maybe it’ll drink from pools
of concave nights, stepless,
it’ll rest beneath flying crops
sprung from rocks…

O lord and brother! but maybe,
above a single crystal case
studious peoples will write,
of us, in a thousand winters:

«no ties held together these dead
in the deserted necropolis».

[Translated by Alex Valente]

C. Campo – Nobilissimi ieri

Nobilissimi ieri,
grazie per il silenzio,
l’astensione, la santa
gnosi della distanza,
il digiuno degli occhi, il veto dei veli,
la nera cordicella che annoda ai cieli
con centocinquanta volte sette nodi di seta
ogni tremito del polso,
augusto cànone dell’amore incommosso,
la danza divina del riserbo:
incendio imperiale che accende
come in Teofane il Greco e in Andrea Diacono,
di mille Tabor l’oro delle vostre cupole,
apre gli occhi del cuore negli azzurrissimi spalti,
riveste i torrioni di Sangue…

Che prossimità si spegne
come pioggia di cenere.

CRISTINA CAMPO – Poesia pubblicata in Conoscenza religiosa [I, 1977, p.97; poesia “sacra” consegnata, insieme ad altre, da Cristina Campo alla rivista diretta da Elémire Zolla pochi giorni prima di morire]
Per queste poesie Cristina aveva preparato con cura le note che seguono. Come spiega lei stessa: “Per chi non abbia familiari i riti e gli usi della Chiesa cristiana d’Oriente (soprattutto bizantino-slava di cui si tratta qui) sembra necessaria qualche nota, sia sugli inerti liturgici bizantini e latini, sia sui riferimenti scritturali, soprattutto alcuni passi di san Paolo che legano l’una all’altra, in un modo on nell’altro, tutte le poesie”.

La nera cordicella, il rosario orientale: 150 nodi di lana e seta, formati a loro volta di sette nodi ciascuno. Lo si avvolge al polso sinistro e serve a contare le prostrazioni rituali.
Teofane il Greco, il massimo maestro delle icone di Novgorod, e il suo allievo Andrea Rublev.

[Da: La Tigre Assenza – Adelphi 239. A cura e con nota di Margherita Pieracci Harwell]


Most noble hierarchs,
thanks for the silence,
abstention, holy
gnosis of distance,
the fasting of the eyes, the veto of the veils,
the black cord that ties the sky
one hundred and fifty times seven knots of silk
each tremor of the pulse,
the august rule of untroubled love,
the divine dance of the reserve:
imperial fire that kindles,
as in Theophanes the Greek and Andrew the Deacon,
of a thousand Tabor the gold of your domes,
open the eyes of the heart on the azure glazes,
and clothes the dungeons with Blood…

That proximity extinguishes
like a shower of ashes.

N. Hikmet – Varna, 1952

Impossibile dormire la notte qui a Varna
impossibile dormire
per via di queste stelle che son troppo vicine
per via del mormorio sul greto dell’onde morte
il loro sussurro
le loro perle
i loro ciottoli
le alghe salate
per via del rumore di un motore sul mare come un cuore che batte

per via dei fantasmi
venuti da Istambul
sorti dal Bosforo
che invadono la stanza
gli occhi verdi dell’uno
le manette ai polsi dell’altro
un fazzoletto
nelle mani del terzo
un fazzoletto che sa di lavanda.

Impossibile dormire la notte qui a Varna, mio amore,
qui a Varna, all’albergo Bor.

N. HIKMET – IN ESILIO [Traduzione di Joyce Lussu]


No way you can sleep nights in Varna,
no way you can sleep:
for the wealth of stars
so close and brilliant,
for the rustle of dead waves on the sand,
of salty weeds
with their pearly shells
and pebbles,
for the sound of a motorboat throbbing like a heart at sea
for the memories filling my room,
coming from Istanbul,
          passing through the Bosporus,
                             and filling my room,
some with green eyes,
some in handcuffs
or holding a handkerchief-
the handkerchief smells of lavender. 

No way you can Sleep in Varna, my love,
in Varna at the Bor Hotel.

[Translated by Randy Blasing – Mutlu Konuk]

S. Esenin – 49 (1924)

Ora noi ce ne andremo poco a poco
In quel paese, dove c’è pace e bene.
Forse, anche presto io potrò
Raccogliere per il viaggio fragili masserizie.

Cari boschetti di betulle!
Tu, o terra! E voi, sabbie delle pianure!
Di fronte a questa quantità di cose da lasciare
Non ho la forza di nascondere la mia angoscia.

Troppo ho amato su questo mondo
Tutto ciò che avvolge l’anima nel corpo.
Pace alle tremule, che allargano i rami,
Si sono messe a guardare fisse la rosata acqua.

Molti pensieri ho pensato nel silenzio,
Molte canzoni ho composto dentro di me,
E su questa terra su questa cupa terra
Sono felice per aver respirato e vissuto.

Sono felice per aver baciato le donne,
Calpestato i fiori, giaciuto sull’erba
E, per non aver mai picchiato sulla testa
Gli animali nostri fratelli minori.

So che, là non fioriscono i boschetti,
Non risuona la segale dal collo di cigno.
Per questo di fronte alle molte cose che se ne vanno
Io provo sempre tremito e tremore.

So che in quel paese non ci saranno
Questi campi, che splendono d’oro nel buio.
Per questo mi è cara anche la gente
Che vive con me sulla terra.

SERGEJ ESENIN – POESIE E POEMETTI [a cura di E. Bazzarelli]


Even now, little by little, we are departing
For that land of silence and grace.
Pretty soon I too may have to pack
My measly belongings.

My dear birch thickets!
Earth! And you, sands of plains!
Faced with the throng of departing
I cannot hide my anguish.

I care too much for everything
That clothes the soul in flesh.
Peace be with aspens that have forgotten themselves
Staring into pink waters with open branches.

I’ve thought many thoughts in silence;
I’ve composed many songs of myself;
And on this grim earth
I’m happy to have breathed and lived.

I’m happy to have kissed women,
Crushed flowers, rolled in the grass,
And never hit beasts on the head,
Since they’re our lesser brothers.

I know woods don’t bloom over there,
Swans’ necks don’t ring out in the wheat.
That’s why I always tremble
When I face the hordes of the departing.

I know that other land won’t have
These cornfields, gold in the dark.
That’s why I love the people
Who live on this earth with me.

[Translated by Anton Yakovlev]

S. Esenin – 61 (1924)

Ho chiesto oggi al cambiavalute,
Quanto mi dava per un rublo in mezzi tuman,
E come potevo dire alla bellissima Lala
In persiano le tenere parole “ti amo”?

Ho chiesto oggi al cambiavalute
Più leggero del vento, più calmo delle acque del Van,
Come potevo dire alla bellissima Lala,
La parola carezzevole “baciami”?

E chiesi ancora al cambiavalute,
Nascondendo la timidezza nel cuore profondo,
Come potevo dire alla bellissima Lala,
Come dirle che lei è “mia”?

E brevemente mi rispose il cambiavalute:
A parole non si parla d’amore,
D’amore si sospira solo furtivamente,
E gli occhi, come zaffiri, risplendono.

Il bacio non ha nomi, non ne ha,
La parola bacio non si incide sulle bare.
I baci spirano profumi di rosa rossa,
Sciogliendosi come petali sulle labbra.

All’amore non si chiedono giuramenti,
Con l’amore si conoscono gioia e sventura.
“Tu sei mia” lo possono dire solo le mani,
Che hanno strappato il nero ciadòr.

SERGEJ ESENIN – POESIE E POEMETTI [a cura di E. Bazzarelli]


Nowadays I asked a money-changer
Who exchanges half toman for ruble,
`How to say it, in the Persian language,
The sweet words for Lala, “I love you!”

Nowadays I asked the money-changer,
Easier than wind o`er the smooth Van,
How can I name it, me, a stranger,
The endearing word of “kiss” for Lala? Ah!

Then I also asked the money-changer,
Keeping back my shyness deep at heart,
How to confide, how to adventure
To declare love of Lala, call her “mine”.

Thus the money-changer spake compactly,
What the use of words when one`s in love?
When in love one only sighs abruptly,
And one`s eyes like diamonds twinkle bright.

Just as well a kiss has no title,
Since a kiss is no epitaths.
Kisses winnow as a red rose, scarlet
Petals of the kisses melt in mouths.

There betides in love both woe and gladness.
Love is not what is released on bail.
`You are mine` can only say your hands that
Once tore off the ebony Moslem veil.

[Translated by Bob Lokhar]

Dickinson – 317

Just so – Jesus – raps –
He -doesn’t weary –
Last – at the Knocker –
And first – at the Bell.
Then – on divinest tiptoe – standing –
Might He but spy the lady’s soul –
When He – retires –
Chilled – or weary –
It will be ample time for – me –
Patient – upon the steps – until then –
Heart! I am knocking – low at thee.


Giusto così – Gesù – bussa –
lui – non si stanca –
ultimo – al battente –
e primo – al campanello.
Poi – fermo – su divine punte dei piedi –
se gli riesca di vedere l’anima della dama –
Quando lui – si ritirerà –
infreddolito – o stanco –
sarà ancora molto presto per – me –
paziente – sui gradini – fino allora –
cuore! sto bussando pian piano per te.

EMILY DICKINSON – POEMS, 317