Category: Rainer M. Rilke

R. M. Rilke – Decima Elegia

Ch’io un giorno, uscito da intuizioni arrovellate
possa mandar su, agli angeli concordi, il mio canto di giubilo e di gloria.
Che i martelli del cuore battuti per squillare
non fallino su corde lente, dubitanti,
o che si spezzino. Che il mio volto bagnato di lacrime
brilli, e il pianto che non si vede
fiorisca. Oh, come mi sarete care, allora, notti dolorose.
Ch’io non v’abbia accolto più genuflesso,
sorelle inconsolabili,
che nei vostri capelli sciolti non mi sia abbandonato
più sciolto. Noi, che sprechiamo i dolori.
Come li affrettiamo mentre essi tristi, durano,
a vedere se finiscono, forse. E sono invece
la fronda del nostro inverno, il nostro sempreverde cupo
uno dei tempi dell’anno segreto, ma non solo
tempo, – son luogo, sede, campo, suolo, dimora.

Certo, ahimè, come sono estranee le vie della città –
tormento,
dove nel silenzio falso fatto di frastuono
forte, fa pompa di sé, quella colata dallo stampo del vuoto,
quel chiasso dorato che è il monumento esplodente.
[…]

Ma se i morti infinitamente dovessero mai destare un
simbolo in noi,
vedi che forse indicherebbero i penduli amenti
dei nocciòli spogli, oppure
la pioggia che cade su terra scura a primavera.

E noi che pensiamo la felicità
come un’ascesa, ne avremmo l’emozione
quasi sconcertante
di quando cosa ch’è felice, cade.

R. M. RILKE – ELEGIE DUINESI [Traduzione di Enrico e Igea De Portu]


Letta magnificamente da Domenico Pelini:

R. M. Rilke – Ottava Elegia

[…]
Quello che c’è fuori, lo sappiamo soltanto
dal viso animale; perché noi, un tenero bambino
già lo si volge, lo si costringe a riguardare indietro e
vedere
figurazioni soltanto e non l’aperto ch’è sì profondo
nel volto delle bestie. Libero da morte.
Questa la vediamo noi soli; l’animale libero
ha sempre il suo tramonto dietro a sé.
E dinnanzi ha Iddio; e quando va, va
in eterno come vanno le fonti.
Noi non abbiamo mai dinanzi a noi, neanche per un giorno,
lo spazio puro dove sbocciano
i fiori a non finire. Sempre c’è mondo
e mai quel nessundove senza negazioni
puro, non sorvegliato, che si respira,
si sa infinito e non si brama. Uno, da bimbo
vi si perde in silenzio e ne è
scosso. O un altro muore e lo diventa.
Perché quando è vicina la morte non si vede
e guardiam fissi fuori, forse con grande sguardo degli animali.
Gli amanti, se non ci fosse l’altro, che
preclude la vista, a quello spazio puro son vicini e stupiscono …
come per svista è stato aperto loro
dietro l’altro … ma oltre l’altro
nessuno può andare, ed ecco a tutt’e due tornare mondo.
Sempre rivolti al creato, in essi vediamo
soltanto il rispecchio del Libero
da noi stessi oscurato. O che una bestia
muta, alzi gli occhi e guardi tranquilla attraverso di noi.
Ecco quel che si chiama Destino: essere di rimpetto,
e null’altro, e sempre di rimpetto.
[…]

R. M. RILKE – ELEGIE DUINESI [Traduzione di Enrico e Igea De Portu]


Letta magnificamente da Domenico Pelini: