Tag: poesia

F. Pessoa – Se qualcuno un giorno bussa

Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
dicendo che è un mio emissario,
non credergli, anche se sono io;
ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
neanche che si bussi alla porta irreale del cielo.

Ma se, ovviamente, senza che tu senta
bussare, vai ad aprire la porta
e trovi qualcuno come in attesa
di bussare, medita un poco. Quello è
il mio emissario e me e ciò che
di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.

FERNANDO PESSOA – POESIE INEDITE [Traduzione di Pietro Civitareale]


Should somebody one day knock at your door
Announcing he’s an emissary of mine,
Never believe him, nor that it is I;
For to knock does not go with my vainglory,
Even at the unreal door of the sky.

But should you, naturally and without hearing
Anyone knock, come to your door, unbar it
And find somebody waiting (it appears)
To dare to knock, give it some thought. It was
My emissary and I and the retinue of my glorying
In what drives to despair and what despairs.
Unbar to who does not knock at your door!

FERNANDO PESSOA – UNRELISED POEMS [This is just a translation attempt]

Mi immergo

Mi immergo
in questo sudario d’acqua e sabbia
tra le onde
dove piccoli crogioli bianchi si rincorrono

sulla battigia dell’inverno
le conchiglie si accalcano e tornano
un po’ più in là
tra passi fragili e lenti

sulla battigia dell’inverno
si sta aggrappati ad un braccio
contro il vento
lì si osserva
e nello sguardo già assente
avanza in un canone
l’orizzonte della propria vita.

¬ Anna A Sulgreto ¬


I dip
in this shroud of water and sand
between the waves
where small white crucibles chase each other

on the winter shoreline
the seashells crowd and come back
slightly further
in the frail and slow footsteps

on the winter shoreline
you cling to an arm
upwind
and in the blank look
the life horizon
wears on in a canon.

¬ Anna A Sulgreto ¬

F. Pessoa – Il ragazzo che ride nella via

Il ragazzo che ride nella via
la musica che il caso ci porta
il quadro assurdo, la statua nuda
la bontà che non ha posto –

tutto ciò oltrepassa il rigore
che la ragione riconosce a tutto,
ed ha qualcosa dell’amore,
quantunque l’amore sia muto.

FERNANDO PESSOA – POESIE INEDITE [Traduzione di Pietro Civitareale]


The boy laughing in the street
the music coming by chance,
the absurd painting, the naked statue
the goodness with no space

all this go beyond the rigor
that reason acknowledges to everything
and it has something of love,
although love is mute.

FERNANDO PESSOA – UNRELISED POEMS [This is just a translation attempt]

P. Salinas – XXI

Che allegria, vivere
e sentirsi vissuto.
Arrendersi
alla grande certezza oscuramente,
che un altro essere, fuori di me,
molto lontano,
mi sta vivendo.
Che quando gli specchi, le spie,
mercurio, anime brevi, confermano
che sono qui, io, immobile,
serrati gli occhi e le labbra,
chiuso all’amore
della luce, del fiore e dei nomi,
la verità transvisibile è che cammino
senza i miei passi, con altri,
là lontano, e lì
sto baciando fiori, luci, parlo.
Che esiste un altro essere
con cui io guardo il mondo
perché sta amandomi con i suoi occhi.
Che esiste un’altra voce con cui io dico cose
non sospettate dal mio gran silenzio;
ed è che anche con la voce mi ama.
La vita – cha slancio ora! -, ignoranza
degli atti miei, che lei compie,
in cui lei vive, duplice, sua e mia.
E quando mi parlerà
di un cielo scuro, di un paesaggio bianco,
ricorderò
stelle che non ho visto, che lei guardava,
e neve che nevicava nel suo cielo.
Con la strana delizia di ricordare
di aver toccato ciò che non toccai
se non con quelle mani
che non raggiungono le mie, distanti.
E spogliato di sé potrà il mio corpo
riposare, tranquillo, morto ormai.
Morire nell’alta certezza
che la mia vita non era solo
la mia vita: era la nostra.
E che un altro essere mi vive
di là dalla non morte.

PEDRO SALINAS – LA VOCE A TE DOVUTA [A cura di Emma Scoles]


Qué alegria, vivir
sintiéndose vivido.
Rendirse
a la gran certidumbre, oscuramente,
de que orto ser, fuera de mì, muy lejos,
me està viviendo.
Que cuando los espejos, los espias,
azogues, almas cortas, aseguran
que estoy aquì, yo, immòvil,
con los ojos cerrados y los labios,
negàndome al amor
de la luz, de la flor y de los nombres,
la verdad trasvisible es que camino
sin mis pasos, con otros,
allà lejos, y allì
estoy besando flores, luces, hablo.
Que hay otro ser por el que miro el mundo
porque me està queriendo con sus ojos.
Que hay otra voz con la que digo cosas
no sospechadas por mi gran silencio;
y es que también me quiere con su voz.
La vida – qué trasporte ya! -, ignorancia
de lo que son mis actos, que ella hace,
en que ella vive, doble, suya y mìa.
Y cuando ella me hable
de un cielo oscuro, de un paisaje blanco,
recordaré
estrellas que no vi, que ella miraba,
y nieve que nevaba allà en su cielo.
Con la extrana delicia de acordarse
de haber tocado lo que no toquè
sino con esas manos que no alcanzo
a corger con las mìas, tan distances.
Y todo enajenando podrà el cuerpo
descansar, quieto, muerto ya. Morirse
en la alta confidenza
de que este vivir mìo no era solo
mi vivir: era el nuestro. Y que me vive
otro ser por detràs de la no muerte.

PEDRO SALINAS – MY VOICE BECAUSE OF YOU

P. Salinas – XXXIX

Il modo tuo d’amare
è lasciare che io ti ami.
Il sì con cui ti abbandoni
è il silenzio. I tuoi baci
sono offrirmi le labbra
perché io le baci.
Mai parole o abbracci
mi diranno che esistevi
e mi hai amato: mai.
Me lo dicono fogli bianchi,
mappe, telefoni, presagi;
tu, no.
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d’amarti solo io.

PEDRO SALINAS – LA VOCE A TE DOVUTA [A cura di Emma Scoles]


The form of your loving
is to let me love you.
The yes with which you yield to me
is silence. Your kisses
are an offering of lips
so I can kiss them.
Never words or arms
will tell me you existed,
that you loved me: never.
Blank pages tell me
maps, auguries, telephones;
not you.
I hug you
not asking you, out of fear
it may be untrue
that you live and want me.
I hug you
without looking and touching you.
Let there be no revelation
with questions or caressing
the immense solitude
of me alone loving you.

PEDRO SALINAS – MY VOICE BECAUSE OF YOU [Translated by Willis Barnstone]

Abbiamo dimenticato

Abbiamo dimenticato
anche la natura
dagli occhi grandi
mentre cercavamo soli
facendo incetta di ogni miseria.

Ormai è immobile e colmo
anche il desiderio di sapere
– di sapere cosa salvare –
dove davvero non conta
ciò che non conta.

Cosa ci attende ora
in questo fermo incavo di terra promessa
è la sola natura dagli occhi grandi.

¬ Anna A Sulgreto ¬


We forgot
even this nature
with big eyes
while lonely we were seeking
hoarding every misery.

By now, it is fixed and full
even the wish to know
– to know what to save –
where it really does not matter
what does not matter.

What is waiting for us now
in this firm notch of promised land
it is the only nature with big eyes.

¬ Anna A Sulgreto ¬

C. Campo – Moriremo lontani, 1955

Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un’altra migrazione.

Dell’anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi…

O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:

“nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta”.

CRISTINA CAMPO – PASSO D’ADDIO [Da La Tigre]


We’ll die apart. It’ll be much
if I rest my cheek in our palm
for New Year’s; if in my own
you will trace another migration

We know very little
of the soul. Maybe it’ll drink from pools
of concave nights, stepless,
it’ll rest beneath flying crops
sprung from rocks…

O lord and brother! but maybe,
above a single crystal case
studious peoples will write,
of us, in a thousand winters:

«no ties held together these dead
in the deserted necropolis».

[Translated by Alex Valente]

C. Campo – Nobilissimi ieri

Nobilissimi ieri,
grazie per il silenzio,
l’astensione, la santa
gnosi della distanza,
il digiuno degli occhi, il veto dei veli,
la nera cordicella che annoda ai cieli
con centocinquanta volte sette nodi di seta
ogni tremito del polso,
augusto cànone dell’amore incommosso,
la danza divina del riserbo:
incendio imperiale che accende
come in Teofane il Greco e in Andrea Diacono,
di mille Tabor l’oro delle vostre cupole,
apre gli occhi del cuore negli azzurrissimi spalti,
riveste i torrioni di Sangue…

Che prossimità si spegne
come pioggia di cenere.

CRISTINA CAMPO – Poesia pubblicata in Conoscenza religiosa [I, 1977, p.97; poesia “sacra” consegnata, insieme ad altre, da Cristina Campo alla rivista diretta da Elémire Zolla pochi giorni prima di morire]
Per queste poesie Cristina aveva preparato con cura le note che seguono. Come spiega lei stessa: “Per chi non abbia familiari i riti e gli usi della Chiesa cristiana d’Oriente (soprattutto bizantino-slava di cui si tratta qui) sembra necessaria qualche nota, sia sugli inerti liturgici bizantini e latini, sia sui riferimenti scritturali, soprattutto alcuni passi di san Paolo che legano l’una all’altra, in un modo on nell’altro, tutte le poesie”.

La nera cordicella, il rosario orientale: 150 nodi di lana e seta, formati a loro volta di sette nodi ciascuno. Lo si avvolge al polso sinistro e serve a contare le prostrazioni rituali.
Teofane il Greco, il massimo maestro delle icone di Novgorod, e il suo allievo Andrea Rublev.

[Da: La Tigre Assenza – Adelphi 239. A cura e con nota di Margherita Pieracci Harwell]


Most noble hierarchs,
thanks for the silence,
abstention, holy
gnosis of distance,
the fasting of the eyes, the veto of the veils,
the black cord that ties the sky
one hundred and fifty times seven knots of silk
each tremor of the pulse,
the august rule of untroubled love,
the divine dance of the reserve:
imperial fire that kindles,
as in Theophanes the Greek and Andrew the Deacon,
of a thousand Tabor the gold of your domes,
open the eyes of the heart on the azure glazes,
and clothes the dungeons with Blood…

That proximity extinguishes
like a shower of ashes.

N. Hikmet – Varna, 1952

Impossibile dormire la notte qui a Varna
impossibile dormire
per via di queste stelle che son troppo vicine
per via del mormorio sul greto dell’onde morte
il loro sussurro
le loro perle
i loro ciottoli
le alghe salate
per via del rumore di un motore sul mare come un cuore che batte

per via dei fantasmi
venuti da Istambul
sorti dal Bosforo
che invadono la stanza
gli occhi verdi dell’uno
le manette ai polsi dell’altro
un fazzoletto
nelle mani del terzo
un fazzoletto che sa di lavanda.

Impossibile dormire la notte qui a Varna, mio amore,
qui a Varna, all’albergo Bor.

N. HIKMET – IN ESILIO [Traduzione di Joyce Lussu]


No way you can sleep nights in Varna,
no way you can sleep:
for the wealth of stars
so close and brilliant,
for the rustle of dead waves on the sand,
of salty weeds
with their pearly shells
and pebbles,
for the sound of a motorboat throbbing like a heart at sea
for the memories filling my room,
coming from Istanbul,
          passing through the Bosporus,
                             and filling my room,
some with green eyes,
some in handcuffs
or holding a handkerchief-
the handkerchief smells of lavender. 

No way you can Sleep in Varna, my love,
in Varna at the Bor Hotel.

[Translated by Randy Blasing – Mutlu Konuk]

Ho navigato

Ho navigato
a piedi scalzi
nel primo fruscio giallo dell’autunno
tra antiche maestranze di operosi colori

ingenua ho creduto
nel dover scorrere
quando perdere non è mai lasciare andare

la caduta di questo ottobre
era il profumo speziato del sottobosco
e la sua ricercatissima raccolta

lì ho ormeggiato
ferma vicina al nettare viola
spremuto sfiorando i solchi
del ventre d’attesa della terra

senza calici
mi ha dissetata
dal fusto nodoso senza scopo

e senza un fine
l’ho visto donarsi e unire
la solitudine di ogni cosa.

¬ Anna A Sulgreto ¬


I sailed
barefoot
in the first yellow rustle of autumn
among ancient workers of colors

naive I thought
I had to flow
when losing is never letting go

the fall of this October
was the spicy scent of the undergrowth
and his refined harvesting

there I moored
standing near the purple nectar
squeezed by touching the grooves
of the waiting belly of the earth

with no goblets
he quenched my thirst
from a knotty and aimless stem

and with no purpose
I saw him giving himself and link
the loneliness of every being.

¬ Anna A Sulgreto ¬