Etty – Settembre 1942

Spesso mi sono sentita, e ancora mi sento, come una nave che ha preso a bordo un carico prezioso: le funi vengono recise e ora la nave va, libera di navigare dappertutto. Dobbiamo essere la nostra propria patria. […]

Bisogna vivere con se stessi come con un popolo intero: allora si conoscono tutte le qualità degli uomini, buone e cattive. E se vogliamo perdonare agli altri, dobbiamo prima perdonare a noi stessi i nostri difetti.

È forse la cosa più difficile, come constato così spesso negli altri e un tempo anche in me, ora non più: sapersi perdonare per i propri difetti e per i propri errori. Il che significa anzitutto saperli generosamente accettare. […]

Essere fedeli a tutto ciò che si è cominciato spontaneamente, a volte fin troppo spontaneamente.
Essere fedeli a ogni sentimento, a ogni pensiero che ha cominciato a germogliare.
Essere fedeli a se stessi, a Dio, ai propri momenti migliori. E dovunque si è, esserci “al cento per cento”. Il mio “fare” consisterà nell'”essere”!

Etty Hillesum – Diario 1941-1943 (Traduzione di C. Passanti)


Concludo la sezione dei miei frammenti preferiti del diario di Etty Hillesum, con queste ultime righe risalenti al settembre 1942. Etty lasciò il campo di Westerbork un anno dopo. Verrà deportata ad Auschwitz, il 7 settembre del 1943. Da un finestrino del convoglio 12 di quel treno Etty gettò una cartolina che fu raccolta dai contadini: “Abbiamo lasciato il campo cantando”.

Il rigore letterario, la profondità filosofica e umana della Hillesum mi hanno profondamente scosso fin dalle sue prime pagine.

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