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R. M. Rilke – Ottava Elegia

[…]
Quello che c’è fuori, lo sappiamo soltanto
dal viso animale; perché noi, un tenero bambino
già lo si volge, lo si costringe a riguardare indietro e
vedere
figurazioni soltanto e non l’aperto ch’è sì profondo
nel volto delle bestie. Libero da morte.
Questa la vediamo noi soli; l’animale libero
ha sempre il suo tramonto dietro a sé.
E dinnanzi ha Iddio; e quando va, va
in eterno come vanno le fonti.
Noi non abbiamo mai dinanzi a noi, neanche per un giorno,
lo spazio puro dove sbocciano
i fiori a non finire. Sempre c’è mondo
e mai quel nessundove senza negazioni
puro, non sorvegliato, che si respira,
si sa infinito e non si brama. Uno, da bimbo
vi si perde in silenzio e ne è
scosso. O un altro muore e lo diventa.
Perché quando è vicina la morte non si vede
e guardiam fissi fuori, forse con grande sguardo degli animali.
Gli amanti, se non ci fosse l’altro, che
preclude la vista, a quello spazio puro son vicini e stupiscono …
come per svista è stato aperto loro
dietro l’altro … ma oltre l’altro
nessuno può andare, ed ecco a tutt’e due tornare mondo.
Sempre rivolti al creato, in essi vediamo
soltanto il rispecchio del Libero
da noi stessi oscurato. O che una bestia
muta, alzi gli occhi e guardi tranquilla attraverso di noi.
Ecco quel che si chiama Destino: essere di rimpetto,
e null’altro, e sempre di rimpetto.
[…]

R. M. RILKE – ELEGIE DUINESI [Traduzione di Enrico e Igea De Portu]


Letta magnificamente da Domenico Pelini: