[…] Quello che c’è fuori, lo sappiamo soltanto dal viso animale; perché noi, un tenero bambino già lo si volge, lo si costringe a riguardare indietro e vedere figurazioni soltanto e non l’aperto ch’è sì profondo nel volto delle bestie. Libero da morte. Questa la vediamo noi soli; l’animale libero ha sempre il suo tramonto dietro a sé. E dinnanzi ha Iddio; e quando va, va in eterno come vanno le fonti. Noi non abbiamo mai dinanzi a noi, neanche per un giorno, lo spazio puro dove sbocciano i fiori a non finire. Sempre c’è mondo e mai quel nessundove senza negazioni puro, non sorvegliato, che si respira, si sa infinito e non si brama. Uno, da bimbo vi si perde in silenzio e ne è scosso. O un altro muore e lo diventa. Perché quando è vicina la morte non si vede e guardiam fissi fuori, forse con grande sguardo degli animali. Gli amanti, se non ci fosse l’altro, che preclude la vista, a quello spazio puro son vicini e stupiscono … come per svista è stato aperto loro dietro l’altro … ma oltre l’altro nessuno può andare, ed ecco a tutt’e due tornare mondo. Sempre rivolti al creato, in essi vediamo soltanto il rispecchio del Libero da noi stessi oscurato. O che una bestia muta, alzi gli occhi e guardi tranquilla attraverso di noi. Ecco quel che si chiama Destino: essere di rimpetto, e null’altro, e sempre di rimpetto. […]
R. M. RILKE – ELEGIE DUINESI [Traduzione di Enrico e Igea De Portu]